Luca, che ci accompagnerà quest’anno, è un pagano convertito da Paolo; per lui l’incontro con Cristo ha significato conoscere il volto misericordioso di Dio, così diverso dagli dei capricciosi e scostanti di greci e latini. Il suo Vangelo, perciò, scritto in maniera puntigliosa dopo aver raccolto informazioni di prima mano, svela questo Gesù tutto serenità e gioia, tutto tenerezza e verità. Ma il Vangelo di oggi manifesta drammaticamente una realtà sempre attuale: il rifiuto di Dio da parte dell’uomo. Domenica scorsa – ricordate? – Gesù commentava il rotolo di Isaia annunciando che le promesse di un anno di grazia si stavano realizzando: l’“oggi” di Dio era finalmente arrivato. La reazione che ne consegue è durissima: la gente non accetta che il figlio di Giuseppe, il carpentiere, faccia il profeta.Troppo conosciuto questo Messia, troppo deludente, troppo umano per scuotere i concittadini di Nazareth. Sembra di leggere in filigrana la storia del profeta Geremia: anche lui mandato da Dio a chiedere attenzione e conversione da Israele vivrà tutta una vita di incomprensione e scontro fino ad essere ucciso. Gesù rivela il volto di Dio; lui conosce il Padre, perché il Figlio di Dio è venuto sulla terra per dirci chi è Dio, come è fatto. E il Dio di Gesù è splendido: un padre premuroso e maturo che sostiene i suoi figli, li tratta con dignità, li lascia liberi e autonomi per realizzarsi e crescere, affida loro un mondo da custodire e coltivare. Eppure, lo sappiamo, risulta difficile accorgerci di Dio. Travolti dalle preoccupazioni, la dimenticanza finisce col caratterizzare la nostra vita delirante. Non abbiamo più la capacità di fermarci e guardarci dentro e leggere la realtà col cuore. Gesù finalmente è venuto a togliere dalla nostra testa e dalla nostra cultura la visione di un Dio despota e asettico, una visione demoniaca di Dio. Ma, a Nazareth come oggi, non tutto va da sé. L’uomo rifiuta il vero volto di Dio. Un Dio-uomo cosa ci può portare? Meglio tenersi un Dio severo da convincere, un Dio interventista da adorare con un po’ di superstizione in attesa di qualche miracolo. No: Gesù delude le nostre attese trionfalistiche, mortifica il nostro puerile desiderio di un Dio factotum. L’idea soggiacente a questa visione è la seguente: io so in cosa consista la mia felicità e chiedo a Dio di darmela. Preferisco vincere al totocalcio che imparare cos’è veramente la ricchezza, preferisco una vita senza guai al capire cos’è veramente la vita… Gesù è un po’ deludente, obbliga alla verità, ci spinge ad entrare nel senso profondo della storia e della vita. Incontro molte persone che si dicono atei. In realtà incontro molte persone pigre, a cui Dio non interessa. E’ il paradosso del nostro mondo occidentale sazio e disperato: si lamenta con Dio che non c’è ma non si lascia trovare, manifesta disagio crescente e insoddisfazione ma non vuole veramente mettersi in discussione, accusa Dio di disinteressarsi dell’umanità, ma è l’uomo a disinteressarsi di sé e di Dio. Certo ci vuole umiltà, adultità, verità con sé stessi, in una parola: discepolato; mettersi alla ricerca della verità come chi cerca un tesoro. Il dramma del vangelo, della nostra libertà, forse della vita stessa è tutto qui: l’uomo è fatto per l’Assoluto e si asfalta nella mediocrità, Dio gli viene incontro e l’uomo dice: “no, grazie”. Paolo ricorda a tutti che dobbiamo smettere di essere infantili e ragionare da uomini. Nel nostro cristianesimi confuso e abitudinario dobbiamo riscoprirci uomini che cercano e accolgono la parola dei profeti. O anche noi preferiamo buttare Gesù dal burrone perché non dice ciò che vorremmo?

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