Parlavamo dell’immagine di Dio nella sconcertante parabola del Padre prodigo. Non è questa immagine la questione fondamentale del nostro cammino di quaresima? Non ci è stato dato questo tempo proprio per chiederci: “in quale Dio credo?”. A volte il Vangelo è troppo forte per essere veramente accolto e, istintivamente, tendiamo a porre qualche bemolle, ad attenuarne la forza dirompente. Ma, per ribadire il concetto, la liturgia di oggi spinge il piede sull’accelleratore con una pagina di Giovanni dal forte sapore lucano. Una donna colta in flagrante adulterio (ah già, e l’uomo che era con lei? Mistero del maschilismo religioso!) portata davanti a Gesù per essere giudicata. Una trappola dei farisei (i benpensanti?) ben congeniata, in fondo: Gesù è un lassista? Oserà contestare Mosé? Dove andremo a finire! Senza regole come può esserci religione! E se la giudica, se la lascia lapidare che ne è dell’immagine del Padre che scruta l’orrizonte aspettando il figlio? Non c’è che dire: trappola splendida, pronta a scattare, a ricondurre a normalità (la nostra) l’eccesso (di Dio). Piovono pietre su questa donna. Non ha un nome, né un volto: è una peccatrice. Non ha dignità, né ragioni: è una peccatrice. Va punita, ha trasgredito la legge. Piovono pietre nelle nostre parole: sempre indulgenti a giustificare noi stessi, impietosi nel giudicare i comportamenti degli altri. E il nostro tempo lo sa quanto le parole feriscono ed uccidono. Giudizi, silenzi, smorfie, tutti a dimostrare che c’è qualcosa di strano nell’altro, che comunque io sono, se non migliore, almeno non peggiore. L’altro è avversario perché diverso, non rientra nello schema che mi sono costruito. Diverso per razza, per storia, per sensibilità politica. Alzo i toni, urlo, critico, magari finisco anche sui giornali. L’altro è diverso: un muro divide le generazioni, i popoli, i pensieri… Su Gesù, dì la tua: questa donna ha sbagliato, è chiaro, è evidente, bisogna fare qualcosa. E Dio tace. Tace perché conosce, tace scrivendo in terra (cosa? I peccati dei presenti, chiosa quella linguaccia di san Girolamo!), tace sconfortato dalla durezza del cuore dell’uomo. In cosa ha sbagliato Dio? Davvero la libertà dell’uomo può ridursi a questo? Un Dio libero e vero, un Dio tenero e adulto che vede l’umanità ridotta a chiassosa classe di adolescenti che si accusano l’un l’altro. Che tristezza nel cuore di Dio! Che tenacia! E scrive, e riflette. Che dire? Come portare questa gente (e noi) altrove? Nel modo di vedere di Dio, nei lidi pieni di luce di Dio? Sì, è peccatrice, ha sbagliato. E allora? Chi non sbaglia? Chi è senza colpa? Gesù non giustifica, né condanna, invita ad alzare lo sguardo, ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro r scoprirvi –riflessa – la propria. No, Dio non giudica. Ci giudicano lavita, la società, il datore di lavoro, noi stessi. Tutti ci giudicano, Dio no. Dio ama, e basta. E questa donna viene liberata. Salvata dalla lapidazione viene ora salvata dalla sua fragilità. “Non peccare più” ammonisce Gesù. Anche lei viene invitata a guardare oltre ciò che pensava essere la soluzione ai suoi problemi. Credo che questo Vangelo sia il Vangelo della verità di Dio, della freschezza della chiesa. Chiesa, amata Chiesa, fatta da perdonati, non da giusti. Chiesa fatta di gente che sa perdonare perché perdonata, che giudica con amore, senza ferire, guardando avanti, che indica una strada, non un tribunale. Quando vivremo di questo perdono che ci riempie il cuore saremo trasparenza di Dio per l’uomo contemporaneo che cerca, nel suo profondo, amore e luce in una soceità che ama solo i bravi e i giusti e dimentica la verità della nostra fragilità. E’ un fiume in piena l’incontro con Dio, che fa guardare avanti, come profetizza il profeta Isaia. Senza guardare indietro, i deportati di Babilonia sono invitati a guardare avanti. Profezia per la Chiesa ripeigata su sé stessa, intenta a difendere privilegi e posizioni, a lasciarsi scuotere dallo Spirito. Profezia per l’uomo che cerca e che è ferito dalla vita, per una vita diversa, come la povera donna adultera. Tutto il resto, provoca Paolo, è spazzatura, perdita, di fronte alla conoscenza di Cristo. E se avesse ragione?

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