Per due volte, oggi, la Parola di Dio se la prende con un atteggiamento di fede esteriore: in Osea il Signore vuole amore e non sacrificio, conoscenza di Dio, non olocausti e, nello splendido vangelo di Matteo in cui il pubblicano racconta la sua vocazione, nuovamente Gesù se la prende contro chi giudica il suo atteggiamento spregiudicato, chiedendo ai farisei di avere più misericordia e di non giudicare con durezza la sua disponibilità ad accogliere i peccatori…
Esiste, dunque, un modo di essere discepoli (di fare i discepoli) basato sull’esteriorità e sul sacrificio, dice il Signore. Vero, conosco molti cristiani che si fermano al senso del dovere, che concepiscono la fede come una specie di tributo (noioso) dovuto alla divinità. E’ sempre successo e sempre succederà, tutto avviene a causa della fragilità del cuore degli uomini, della nostra connaturale fatica alla conversione, alla chiusura del cuore che troppe volte avvelena ed inquina la vita. Ma, ammonisce la Scrittura, il Signore non ama l’esteriorità, ma neppure il sacrificio. Ovviamente il Signore intende il sacrificio come gesto cultuale, la preghiera, il rito, la cerimonia che non sia desiderio di incontro e di lode; possiamo – paradossalmente – andare a Messa tutte le domeniche della nostra vita senza mai incontrare la straordinaria bellezza e dolcezza di Dio… Ma "sacrificio" anche nel senso comune di sforzo, di dovere subìto con cristiana rassegnazione. Non è la terribile immagine di cristianesimo che molti si portano nel cuore? Una specie di doverosa ed inevitabile sofferenza da sopportare per meritarci il paradiso? In settimana discorrevo con una persona che – come spesso accade – mi diceva: "Cosa devo sopportare per meritarmi il Paradiso". Ho sorriso e ho detto: "Macché, non devi "meritare" un bel niente, il Paradiso è gratis, Gesù è morto per renderci partecipi alla gloria. Ciò che devi fare è solo accoglierlo"
Quando capiremo che Dio desidera solo essere ricambiato nell’amore straordinario che ci offre? Che la logica del dovere sta stretta alla logica dell’amore? Certo, poi, nella concretezza dell’amore ci troviamo a compiere dei gesti che ci fanno morire a noi stessi, che diventano davvero sacri (sapevate che la parola sacrificio significa "rendere sacro"?) che rendono più vero e saldo il nostro amore. Ma ho l’impressione che – mediamente – abbiamo l’idea del sacrificio come uno sforzo sterile in nome di una qualche obbedienza di cui non sappiamo la finalità. Sia chiaro, amici, Dio vuole amore, non sacrificio. Come Matteo siamo chiamati ad incrociare lo sguardo intenso e amorevole del Rabbì Gesù che non giudica, che guarisce, che chiama.
Matteo non si aspettava salvezza, né la meritava. Troppi compromessi, troppe rinunce alla legalità nella sua vita per poter osare tanto. La vita per lui era diventata, ormai, potere e denaro, timore e rispetto da parte degli altri. E invece la sua durezza, l’alto muro eretto per difendere la propria vita si schianta in un attimo, si sbriciola quando vede nello sguardo del Nazareno amore, rispetto, verità. Matteo era abituato agli insulti di chi pagava, attraverso di lui, l’iniqua tassa imposta da Roma imperiale. Collaborazionista e ladro, non temeva lo sprezzo dei suoi amici. No, non meritava alcuna compassione. E, invece, ne riceve. E l’inatteso, e l’inaudito, come sempre, scatena la gioia, produce il brivido: Matteo si scioglie, lascia tutto, fa festa; come Abramo rischia tutto, ma sa di scommettere sul giusto.
Amico che leggi: quando finalmente ti lascerai raggiungere e amare dal Signore? Quando la smetterai di concepire la fede come una specie di tributo da offrire ad un’ipotetica e sconosciuta divinità? Troppe volte ci avviciniamo a Dio come quando compiliamo la dichiarazione dei redditi: meno si dichiara e meno si paga! No, amici, qui è di luce che si parla, di tenerezza e di serenità, di pace e di conversione. Questo Dio che ti viene a stanare per offrirti amore, questo Dio che soffre come un amante ferito quando non viene ricambiato, è lì che mi aspetta. Per quanto tempo fuggiremo l’unica cosa che davvero ci può rendere felici?

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