I giorni di Natale scorrono in fretta. Forse, me lo auguro, ve lo auguro, siamo riusciti (almeno un poco!) a fidarci di Dio, a dirgli che ci teniamo a lui, che in questo Natale può contare su di noi. E oggi, nella domenica che incontriamo tra il Natale e Capodanno, siamo invitati a fermare il nostro sguardo su questa strana famiglia che ci viene proposta a modello per la nostra famiglia concreta. Resto sempre un po’ in imbarazzo a parlare di “modello” quando parlo della Santa Famiglia; ben poco rassomiglia alle nostre famiglie: un bambino che è la presenza di Dio, un padre e una madre coinvolti in un Mistero inaudito, senza confini. Possono davvero dirci qualcosa? Credo proprio di sì. Non solo: credo che in questi tempi dobbiamo avere il coraggio di parlare di più e meglio della famiglia, delle nostre famiglie. La famiglia è in crisi, ci dicono i sociologi. Ma senza scomodarli, ci rendiamo conto che qualcosa non funziona nella nostra società: sempre di più sono le coppie che si sfasciano, che non credono più nella possibilità di un rapporto duraturo. La nostra fredda Valle, in questo campo, detiene i ben tristi primati di maggior numero di separazioni e divorzi d’Italia. Attenti, però. Normalmente, a questo punto, gli uditori si irrigidiscono. “Ecco – si penserà – adesso inizia la solita predica moralistica”. No, per favore. Lasciate perdere un attimo la morale e parliamo da uomini, con sincerità. Il fatto che la famiglia sia in crisi, o, meglio, che la coppia lo sia, è anzitutto un problema umano. Quanta sofferenza e disillusione vedo negli occhi di chi cerca una certezza affettiva! Dobbiamo concludere anche noi che è impossibile amarsi? Che è finito il tempo dell’illusione? Non è un problema da poco: se veramente è impossibile parlare di progetto, di fedeltà, di continuità, allora la famiglia è morta. Allora dobbiamo parlare di famiglia in maniera allargata, diversa. Eppure questa festa, amici, ci ricorda il sogno che Dio ha sulla coppia. Amarsi è possibile; restare fedeli è possibile; crescere in un progetto è possibile. Di più: Dio ci ha piantato nel cuore, quando ci ha creati, questa nostalgia per la comunione. Non siamo stati creati a immagine e somiglianza del Dio che è Comunione Trinitaria? Giuseppe e Maria, allora, nel loro amore pieno di tenerezza e di fatica, ci dicono che Dio ha scelto di nascere in una famiglia, di soggiacere alle dinamiche famigliari, di vivere le fatiche del rapporto di coppia. Che bello questo! E l’annotazione di Matteo ci ricorda che tutto ciò non è retorica. Questi sposi che, clandestini, devono fuggire in un paese straniero sono l’immagine delle tante difficoltà di lavoro, di bilancio, di casa che le nostre famiglie spesso devono affrontare … Vorrei allora sottolineare due caratteristiche di questa famiglia che assomiglia alle nostre famiglie. Anzitutto: Nazareth ci ricorda come sia indispensabile mettere al centro il Progetto di Dio. Una famiglia che non si interroga sulla presenza di Dio, che non attinge da lui l’amore di cui ha bisogno, che non sa alzarsi al di sopra dell’emozione per vedersi ed accettarsi con un altro sguardo, corre il rischio di scivolare nel sentimentalismo. Altro è l’innamoramento, altro il desiderio che si costruisce di crescere insieme nel Progetto di Dio. La seconda annotazione riguarda proprio questo Dio-bambino che sgambetta per casa. Ci accorgiamo che Dio chiede ospitalità nella nostra quotidianità? Che è presente nei nostri luoghi di lavoro? Che siamo chiamati a riconoscerlo nello sguardo del nostro fratello? Un’ultima parola a chi, tra noi, vive un’esperienza dolorosa di famiglia: a chi è separato, a chi è figlio di persone divise, a chi ha accanto l’uomo o la donna sbagliati. Nella sofferenza che purifica, possiamo crescere nella tenerezza e nell’accoglienza dei fratelli, possiamo trovare il Progetto a cui continuamente Dio ci chiama. Egli è fedele! Non c’è sofferenza o fragilità che possano ostacolare la grazia di Dio e fare della morte interiore un’apertura alla vita vera. Guardiamo a Nazareth, allora. Dobbiamo oggi, con l’aiuto di Dio, riscoprire un nuovo modo di essere famiglia, nell’autenticità, nella fede, nel cammino reciproco. Maria e Giuseppe ci aiutino veramente ad avere il coraggio di riscoprirci famiglia!