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Incendi e violenza
Quando ci siamo incartati?
Quando abbiamo perso la bussola?
Quando è accaduto che, seduti sulle nostre piccole certezze acquisite, abbiamo abbassato la guardia così che l’ombra ha prevalso sulla luce e si è unita alle ombre della altre persone fino a diventare un drago che guardiamo indifferenti, affatto spaventati o consapevoli, come se fosse un cagnolino da compagnia?
È così da sempre, direte.
Forse è vero, forse la fragilità che portiamo nel cuore è la radice di ogni male.
Ed è inutile illudersi di combatterlo, quel male, solo con le nostre forze.
Abbiamo bisogno di un Salvatore, oggi più che mai.
Perché, sprofondati nel quotidiano, ci stiamo abituando al Male.
A quello che si manifesta con la violenza, la rabbia, la prevaricazione, la delinquenza.
E quello ancora più pericoloso di chi risponde alla violenza con santa rabbia, santa prevaricazione, santa ferocia, appellandosi alla giustizia, giustificandosi, ammantando di eroismo la bile che finalmente può uscire e avvelenare ogni parola, ogni giudizio.
Stiamo giocando col fuoco, tanto.
E i nodi vengono al pettine.
Dio non è più la via che ci porta alla verità, per donarci la vita.
Poco più di un riferimento ancestrale, brandito per sostenere le diverse posizioni.
Rabbia che deborda, che acceca, che imbarbarisce.
Finalmente possiamo essere cattivi senza sentirci in colpa.
Anche nella Chiesa.
Fenomeni
Opinioni (legittime) che diventano divisive, esclusive.
Il Papa di prima contro quello di adesso. Quelli che sanno cosa sia davvero il cristianesimo. Chi rilascia patentini di cattolicità. Quelli che confondono la leggiadra ironia con la blasfemia (ora e sempre forza Gioba!). Che tristi i cristiani tristi!
Quelli che augurano ai migranti di annegare nel Mediterraneo e vanno tranquilli a fare la comunione, come se fosse accettabile per un discepolo un pensiero del genere.
Non ci siamo, no.
Siamo sprofondati nel fango, come Geremia.
Ma quel fango l’abbiamo creato noi, prosciugando la sorgente d’acqua viva che è Cristo.
Me infelice!
Nato vicino a Gerusalemme, appassionato di Dio e del suo popolo, Geremia passerà la sua vita a convincere il re di Giuda e la popolazione di Gerusalemme a non opporsi alla nascente potenza di Babilonia.
Soffre duramente di questa situazione, l’inquieto profeta, che vorrebbe annunciare pace e deve redarguire, che vorrebbe profetare il bene e vede la tragedia avvicinarsi. Purtroppo le previsioni di Geremia si avvereranno; Gerusalemme cadrà sotto il re Nabucodonosor e oltre ottomila capifamiglia saranno deportati in Babilonia.
Essere discepoli porta ad amare teneramente le persone destinatarie dell’annuncio, essere discepoli significa cercare in sé la verità per poi offrirla agli altri, essere discepoli significa non essere capiti proprio dalle persone che ami.
Anche se sprofondati nel fango, siamo chiamati a gridare sui tetti l’annuncio del Vangelo.
Con la vita.
È vero: esiste una violenza insita nella vita.
Ma non è quella che vi raccontano.
Lotta
L’annuncio del Vangelo è segno di contraddizione, il mondo, così amato dal Padre da dare il Figlio, vive con fastidio l’ingerenza divina e preferisce le tenebre alla luce.
E l’avversario si veste di luce, di ragionevolezza, di buoni propositi.
Di santi propositi.
Anche fra di noi, forte, emerge la tentazione di impugnare la spada, di ergere muri. Atei devoti o cristiani da campagna elettorale alzano i toni, accusano i cristiani (quali?) di essere deboli. Essere buoni è diventato un insulto. Portare un cartello in cui si invita ad amare i nemici, pericoloso. Le suore sono arrestate perché sostengono la politica dell’accoglienza.
Stolti: confondo la civiltà cristiana col Vangelo, la identificano. Insegnano al Papa a fare il Papa.
Vogliono lo scontro.
Come se non fossero proprio i cristiani, quelli veri, quelli che tengono in piedi i nostri oratori, le mense per i poveri, quelli che si fanno carico delle povertà economiche ed esistenziali, quelli che si rimboccano le maniche, quelli che lavorano duramente senza fregare gli altri, a tenere in piedi questa povera Patria.
Sì, il Vangelo porta in sé una carica di violenza e di incomprensione.
Violenza subita, però.
Per amore della verità, per fedeltà al Vangelo.
Padre contro figlio
Gesù lo dice, parlando di sé, immaginando l’evoluzione che avrà il suo messaggio.
Dopo la caduta di Gerusalemme ad opera dei romani e la rovinosa distruzione del Tempio, i seguaci del Nazareno saranno “scomunicati” dai rabbini e questo provocherà una frattura dolorosissima ed insanabile all’interno della neonata comunità giudeo-cristiana.
Ancora oggi molti sperimentano la contraddizione di scoprire in Cristo una nuova famiglia, nuove e durature relazioni con fratelli credenti e, nel contempo, un impoverimento di relazione e una crescente incomprensione con i famigliari di sangue.
Ho visto genitori scagliarsi con ferocia contro le scelte radicali dei propri figli che decidevano di consacrare la propria vita al Regno.
Ma, senza arrivare a questi eccessi, credo che anche a te, amico lettore, sia successo di vedere cambiare atteggiamento nei tuoi confronti in ufficio o a scuola proprio a causa della tua scelta evangelica.
Se davvero siamo discepoli mettiamo in conto qualche contrasto, qualche fatica di troppo: nessuno di noi è più grande del Maestro: se hanno perseguitato lui perseguiteranno anche noi.
Cristo è fuoco.
Fuoco che brucia, che divampa, che illumina, che riscalda, che consuma.
Cristo è fuoco e traspare dalla nostra vita.
Se è dal fuoco che si misura il discepolato, i pompieri della fede possono stare tranquilli. Purtroppo.
Lasciamolo divampare.
Incendiamo il mondo.
D’amore.
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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12, 49-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».Parola del Signore
Fonte: La Sacra Bibbia
Grazie per ridare coraggio con la Parola. Grazie per ricordare come sostenere la prova oggi più dura e divisiva di prima. Ho 75 anni e come tanti miei coetanei posso dire di aver visto la cattiveria all’opera, anche quella più subdola , ma, anche se ci si contava sulle dita, eravamo sempre in ricerca del bene comune cercando di non alitare sulle braci che covavano.
Che bello, quando ero piccola un povero veniva regolarmente, il giorno del mercato,a pranzare da noi. E si fermava però sulla soglia perchè non voleva disturbare e così col mio piatto, mi sedevo di fianco a lui e i miei genitori non mi hanno mai richiamato! E così ha fatto con i miei figli. Ma il benessere ha sconvolto le menti e quella cenere che covava ora getta fiamme altissime come i toni da barbarie che ci stordiscono e così davvero oggi uno è contro l’altro. Che miseria l’invidia! che miseria l’arroganza, che miseria l’egoismo! Ma più di prima si deve levare, più alta delle fiamme della superbia la voce e l’esempio a partire dal basso, dall’umanità che non si lascia sopraffare dall’urto della violenza, che riesce ad acoltare il “grido del povero”e si lascia commuovere dallo sguardo del fratello: questa è la Pace del Signore. Grazie