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Come noi

È fragile la nostra fede.

Ogni fede, soprattutto in questi tempi smarriti e claudicanti, incerti e affaticati. Soprattutto in questa quaresima che non è finita, in questa situazione di paura, di esasperazione, chiusi da quaranta giorni nelle nostre case, affaticati e storditi.

È fragile la mia fede.

Soprattutto quando devo confrontarmi con le mie ombre. Quando l’entusiasmo dell’incontro con il Signore si affievolisce, smorzato dalla quotidianità. Quando manca l’eucarestia, e la comunità, e il contatto fisico.

Soprattutto quando deve fare i conti con i tanti atteggiamenti dei cristiani che contraddicono la fede che professano. Senza diventare i giudici o i censori, senza scivolare nel populismo ecclesiale, senza volere come pastori e compagni di viaggio dei santi con aureola visibile, resta il fatto che questo ultimi decenni hanno lasciato profonde ferite nelle nostre comunità.

E che questa pandemia sta facendo emergere tutti i limiti di una società e di una religiosità seduta sui proprio allori. E la poca consistenza sulle nostre convinzioni di fede.

Sulla vita, la morte, la bontà di Dio, la giustizia, il dolore.

Come se un treno in corsa ci avesse investito.

Come se in poche ore la nostra vita fosse stata rivoltata come un guanto.

Chiedetelo a Tommaso, patrono dei credenti feriti e fragili.

Chiedetelo in questa giornata che celebra la divina misericordia, la compassione di Dio.

Quella che converte, infine.

Gemello nostro

Grande credente, Tommaso.

Un entusiasta, un altruista, un buono. Disposto a seguire Gesù quando questi decide di andare a salvare Lazzaro, anche se la cosa, come sarà, è altamente pericolosa.

Uno che getta il cuore oltre l’ostacolo.

Che si è rimboccato le maniche in parrocchia, che ha tenuto duro quando tutti hanno mollato, che ha sopportato i chiari di luna del nuovo parroco, che è rimasto fedele quando la chiesa si è progressivamente svuotata e i suoi amici, crescendo, gli hanno dato del sempliciotto da compatire.

Poi è arrivato l’uragano.

Quell’arresto inatteso, improvviso che tutto ha devastato. E il processo. E la croce. E la morte.

La paura, l’orrore, hanno lasciato spazio ad un’altra emozione: la vergogna.

Vergogna per essere fuggiti. Dodici ore dopo avere ricevuto il pane del cammino, la presenza eucaristica. Vergogna per non averlo difeso. Per non essere rimasto. Almeno come le donne.

Tutto evaporato. Ma quale fede? Quale cambiamento?

Gli altri, poi.

Voi?

Quando Tommaso trova il coraggio e riappare nella stanza superiore ritrova tutti gli altri.

Non fa in tempo a parlare che viene assalito dal loro entusiasmo.

Lo abbiamo visto. È lui. È davvero risorto.

Il cuore di Tommaso è un pezzo di ghiaccio.

Cosa? Come? Chi?

Proprio loro gli parlano del risorto. Proprio i suoi compagni che, come lui, hanno fallito.

Orribili ed inutili discepoli.

Non crederò, sentenzia Tommaso.

Non può credere alle parole dette da persone tanto incoerenti.

Eppure resta. Non se va sbattendo la porta o, peggio sentendosi diverso.

Fa benissimo.

Eccolo

Viene apposta per lui, il Signore.

Perché ogni pecora è importante, perché Tommaso è importante.

Viene apposta per lui e gli mostra le ferite dei chiodi, il colpo di lancia.

Come a dire: so che hai sofferto, Tommaso. Anch’io ho sofferto. Guarda.

E Tommaso cede. Primo fra gli umani a professare Dio quel Cristo.

E piange di gioia perché ogni dubbio, ogni dolore scompare quando è condiviso col risorto.

 

Siamo noi Tommaso.

Sono io.

Entusiasta e fragile, contraddittorio e inutile, appassionato e incoerente.

Sono io, Tommaso, mio gemello.

Io ferito dall’incoerenza della Chiesa. Io che ferisco con la mia incoerenza.

Eppure, con chi cosa, con chi crede, libero e vero.

 

A voi, fratelli e sorelle smarriti,

discepoli e discepole scossi dal dolore, dal lutto, dalla paura.

A voi che stare resistendo nelle corsie degli ospedali

Nel produrre e consegnare il cibo sulle nostre tavole,

nel raccogliere i nostri rifiuti,

nel tenere efficienti le nostre comunicazioni.

A voi che non sapete come fare quando tutto finirà.

A noi tutti, oggi, come a Tommaso,

il Risorto dice: “coraggio”.

 

Credo, Signore.

Tu sostieni la mia incredulità.

  1. LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

    Gv 20, 19-31
    Dal Vangelo secondo Giovanni

    La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano idiscepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
    Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
    Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
    Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
    Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

    C: Parola del Signore.
    A: Lode a Te o Cristo.

    Fonte: La Sacra Bibbia

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