1. Lettura del Vangelo secondo Matteo 2, 19-23
    In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

Famiglie con Dio

È difficile parlare di famiglia, oggi.

Ciò che per tutti, fino a poco tempo fa, era scontato, la famiglia come un uomo e una donna che si si amano, che generano ed educano figli conducendo una vita comune, oggi è messo radicalmente in discussione.

Siamo passati da una visione della famiglia idilliaca, patriarcale, che ruota intorno al focolare domestico alla negazione stessa della famiglia che viene proposta come un fenomeno culturale e, perciò, ampiamente superata da altre forme.

Abbiamo raggiunto il paradosso dei paradossi: chi ha una famiglia non la vuole, chi non può averla la pretende.

Festa della mia famiglia, aggiungo io. Della famiglia concreta, oggettiva, reale da cui provengo o che ho formato o che desidero formare. E, di questi tempi, stride e fa riflettere questa festa, una quasi provocazione che vola alto sopra le nostre beghe politiche e sociali, che infonde vigore ed energia alla nostra quotidianità.

Che ci piaccia o no la famiglia è e resta il cuore del nostro percorso di vita, della nostra educazione, spesso è all’origine di molta sofferenza, di qualche delusione e, grazie al cielo, di immensa gioia.

La Chiesa, durante questi giorni, sente l’esigenza di riflettere brevemente proprio sul tema della famiglia.

E la riflessione che esce dalla Parola di oggi ci indica un percorso nuovo per considerare la famiglia.

Fa sorridere che Dio abbia voluto sperimentare l’esperienza famigliare.

Fa riflettere che, per farlo, abbia scelto una famiglia così sfortunata e complicata.

Stupisce che la Chiesa si ostini a proporre questa famiglia come modello.

Dura realtà

Tutti abbiamo dei sogni, dei desideri, alcuni istintivi, infantili, altri profondi e adulti. Maria e Giuseppe, per conto loro, avevano il progetto di stare insieme, di mettere su famiglia: un buon lavoro onesto da artigiano per il falegname, una vita dedita all’organizzazione quotidiana per la bella Maria. Poi Dio ha avuto bisogno di loro, e la loro vita si è capovolta.

Durante la notte di Natale siamo stati travolti dal clima di tenerezza e di consolazione che si respirava. È bello e giusto che sia così, bello immaginare gli angeli con l’arpa e i pastori in ginocchio davanti alla mangiatoia. Ma l’indomani mattina di angeli non c’era più nessuna traccia.

Quest’anno, il giorno di Natale, rientrando dalla messa della notte su una strada deserta avvolta nella nebbia, un po’ intontito dal sonno, riflettevo su come si era svegliato quella mattina Giuseppe. Me lo vedevo, stropicciato dalla notte, cercare di accendere il fuoco e poi chiedere del latte di capra al vicino, e mentalmente organizzare il rientro a casa senza danni per il bambino. Me lo vedevo, quel ragazzo concreto diventato grande di colpo, cercare di far fronte alle tante piccole necessità di un neonato e di una puerpera. Sorridevo, guidando, ripercorrendo il difficile percorso della famiglia di Nazareth costretta a scappare in Egitto. Chissà quante volte Giuseppe si sarà chiesto cosa stava succedendo! Non era forse quello il figlio di Dio? Ma dov’era Dio in tutto quello che stava succedendo?

Quotidianità

La prima riflessione in questa festa deriva proprio dal tran-tran quotidiano che Maria e Giuseppe vivono.

Nazareth ci insegna che Dio viene ad abitare in casa, che nella quotidianità e nella ripetitività dei gesti possiamo realizzare il Regno, fare un’esperienza mistica, crescere nella conoscenza di Dio.

La straordinaria novità del cristianesimo è – appunto! – la sua assoluta ordinarietà.

Coppie che avete un figlio primogenito: la vostra fatica e le notti insonni, il rapporto faticoso tra voi a causa della stanchezza e le preoccupazioni, sono le stesse di Maria e Giuseppe. Amici che vivete problemi al lavoro: anche Giuseppe ha passato notti agitate prima di chiedere un mutuo, per poter allargare la bottega da falegname. Donne che avete consacrato la vostra vita ai figli: anche Maria ha avuto un velo di tristezza negli occhi quando ha visto il suo primo capello bianco…

Dio ha deciso di abitare la banalità, di colmare lo scorrere dei giorni.

Il Mistero per casa

Mi sono chiesto cento volte quanta fede hanno dovuto avere questi genitori per dirsi che quel bambino, identico a tutti i bambini, era davvero il Figlio di Dio. Giuseppe spesso guardava, alla fine della giornata, la sua verginale sposa, imbarazzato per l’immensità della sua fede, sentendosi un poco inadatto a tanta meravigliosa tenacia. Maria, quando portava il caffè a metà mattinata a Giuseppe con i capelli ricci pieni di trucioli, benediceva in cuor suo il Signore per avergli dato un compagno così semplice e vero. La Santa Famiglia ci invita a guardare gli altri membri della famiglia con uno sguardo di fede e di luce, scovando il Mistero nascosto nelle persone che pensiamo statiche e immutabili.

La Santa Famiglia ci invita a guardare gli altri membri della famiglia con uno sguardo di fede e di luce, scovando il Mistero nascosto nelle persone che pensiamo statiche e immutabili.

Affidiamo a Dio le nostre famiglie concrete, quelle che abbiamo o che avremmo voluto avere, con tutta la fatica e la gioia, le contraddizioni e le povertà, le emozioni e il bene che ci sappiamo dare.

Dio ci abita.

Paolo Curtaz