1. Lettura del Vangelo secondo Luca 21, 5-28

    In quel tempo. Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, il Signore Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’ uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”.

Nella sezione apocalittica dei Vangeli, in questo caso del Vangelo di Luca, troviamo un riferimento inquietante alla storia. Luca parla di eventi catastrofici, legati probabilmente all’assedio di Gerusalemme e alla distruzione del Tempio avvenuta nel 70dC ad opera dell’esercito romano, infastidito dall’ennesima rivolta degli ebrei, e certamente vissuta come un dramma dalle prime comunità cristiane cui Luca si rivolge. Il regno vive nella violenza, Gesù ce lo ha detto.

E’ un paradosso che viviamo ogni giorno: anche se annunciamo un vangelo di pace e di bene, molte persone lo vivono come un’aggressione, un giudizio, una limitazione alla loro libertà. Perciò, periodicamente, i cristiani devono affrontare delle persecuzioni, anche fisiche, anche violente, anche mortali. Per noi, grazie al cielo, l’unico rischio che possiamo correre è che una collega d’ufficio ci prenda in giro per avere nella borsa o in tasca un libretto di preghiere! Il Signore ci chiede di non prepararci una difesa, di fidarci e affidarci a lui, di non avere timore delle cose da dire. E’ difficile, specie in una società sfilacciata e confusa come la nostra, potere intavolare una discussione seria sulla fede: pregiudizi, ignoranza, arroganza sono, spesso, l’unico linguaggio usato che, dalla televisione, è finito nella nostra vita reale. Il tono di Gesù, però, è rassicurante: egli dice che no, non è il caso di spaventarsi; i discepoli sono chiamati a leggere anche nelle catastrofi l’opportunità di rendere testimonianza, di svelare un modo altro di vivere la storia.

Tasto dolentissimo, questo, l’impressione che ho nel vedere il nostro atteggiamento nei confronti della storia è non solo un’inquietante uniformità alla logica mondana ma, spesso, un giudizio ancora più pessimista degli eventi. Succede che il cristianesimo abbia giudicato con pessimismo l’uomo e la storia, come una massa di eventi e di persone incapaci di riconoscere l’opera di Dio e di convertirsi e, perciò, destinati al fallimento. Non di rado, poi, questa visione negativa della storia ha prodotto uno scollamento tra la vita e la fede, disinteressandosi del presente, tutti concentrati sull’al di là. Gesù dice diversamente: la storia è il luogo in cui Dio realizza il suo progetto, è – perciò – luogo benedetto e da salvare. Il discepolo sa che la storia va letta in una prospettiva di fede, di pienezza che trascende le nostre fatiche e le nostre delusioni, e vuole comunque portare il seme della novità del Vangelo nel proprio vissuto.

I figli del Regno sanno che questa realtà è solo transitoria e aspettano il ritorno glorioso del Signore Gesù che tornerà nella gloria per assumere e salvare la storia. Noi sappiamo già qual è il destino del mondo, sappiamo che non sta precipitando nel caos, ma nelle benevole mani di Dio, per un abbraccio che sanerà ogni durezza e dolore. Viviamo perciò quest’attesa in maniera feconda, interpretando i tanti segni della malvagità degli uomini e del dolore della natura come gli ultimi colpi di coda del Maligno e come il grido di sofferenza di una natura che aspetta lei pure di essere salvata e alziamo lo sguardo, continuamente, perché davvero la nostra liberazione è vicina! Non ci terrorizziamo, allora, quando vediamo eventi catastrofici, la violenza dilagante, ma costruiamo spazi di Regno là dove viviamo.. Dio che ci ami, aiutaci a non spaventarci e a non scoraggiarci davanti alle contraddizioni del mondo, ma ad alzare lo sguardo in attesa del ritorno nella gloria del Signore e Maestro Gesù.

Paolo Curtaz

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