2016

No, non siamo all’altezza di annunciare la Parola.
Come Isaia, come Paolo, come Pietro.
Non siamo capaci, non scherziamo.
Quando ci accorgiamo della distanza fra le nostre fragilità e il compito che ci viene affidato, ci viene solo da buttarci in ginocchio, come Pietro, chiedendo al Signore di allontanarsi da noi. Di avere pietà e di lasciarci stare.
Eppure proprio noi, vuole, il Signore.
Noi che viviamo nell’oggi la profezia di un mondo diverso, noi che tiriamo dritto, camminando verso il Regno, passando in mezzo alle persone che ci accusano perché i nostri limiti sono troppo ingombranti per rendere credibile il Vangelo che annunciamo.

Catturare i vivi Isaia si rende conto del suo limite, della sua incapacità nell’essere profeta. Paolo, pensando alla sua storia, si rende conto di essere stato come un aborto, cioè una persona inadatta a testimoniare il Vangelo. Pietro, profondamente colpito dalla pesca miracolosa, prende consapevolezza del suo peccato, allontana il Maestro cui, pure, ha imprestato […]

Ci sono due inizi cuciti insieme, nel vangelo che abbiamo proclamato oggi.
L’inizio del vangelo di Luca, che ci accompagnerà durante questo anno e l’inizio della vita pubblica di Gesù nella “sua” Nazareth.
Così come abbiamo iniziato da poco l’anno nuovo e l’anno giubilare.
Così come le nostre vite sono un continuo inizio, un ininterrotto divenire, un fecondo crescere.
O non sono.

Giovanni è l’unico che ci parla delle nozze di Cana, il primo evento pubblico di Gesù.
Un matrimonio molto conosciuto fra i cristiani, grazie alla vicenda dell’acqua diventata ottimo vino che ha evitato agli sposi una figuraccia epocale.
Un matrimonio molto strano, però, leggete bene il testo: la sposa è assente e lo sposo, ignaro, viene coinvolto solo per ricevere i complimenti del sommelier. Ma è un miracolo particolare: il primo dei segni nel senso di numero uno, ce ne saranno altri sei, nel vangelo, ma soprattutto nel senso di fondamentale.