2017

Dio viene, l’uomo non c’è.
Non c’è l’Imperatore, che non si occupa delle cose di Dio e conta i suoi sudditi come se fossero oggetti.
Non c’ Erode, che teme la venuta di Dio come se fosse un concorrente.
Non ci sono i sacerdoti, tutti presi nel loro piccolo mondo autoreferenziale.
Non c’è la brava gente di Gerusalemme e di Betlemme, travolti dalla dimenticanza.
Dio viene, e qualcuno lo accoglie…

Eccolo.
Ancora.
Atteso eppure sempre stupefacente.
Dio nasce. Viene. Si fa accessibile. Incontrabile. È un neonato che vagisce, spogliato di ogni grandiosità, da ogni mistero.
Il Dio creatore dell’Universo, il totalmente altro, l’inaccessibile ora è qui.
Diventato uomo perché l’uomo possa diventare come dio. Perché l’uomo torni ad essere uomo.
L’incarnazione è uno dei pilastri di questa nostra fede ingenua e folle. Talmente ingenua e folle da essere incomprensibile se non accettiamo il fatto che è Dio ad avercela donata. Io credo, e lo credo davvero, che Dio si è fatto uomo…

Inizio del Vangelo di Gesù Cristo.
Così, d’impeto, scrive il giovane Marco alla comunità di Roma. La prima frase del primo vangelo scritto già rivela la fine del film. Uno spoiler che farebbe rabbrividire gli amanti delle fiction (Curtaz fra questi). Eppure Marco non teme. Perché il suo incipit asciutto e fulminante, come un pugno nello stomaco se non fossimo vaccinati da due millenni di catechismi devoti e santini, di stucchevoli visioni cattoliche, se non avessimo asfaltato lo stupore con la noia e la banalità, afferma qualcosa di inaudito…

E così oggi concludiamo l’anno liturgico. Dalla prossima settimana inizieremo il cammino di avvento in preparazione al Natale. Ci prepariamo ad accogliere l’evangelista Marco e a salutare Matteo.
Il quale, prima di congedarsi, ci lascia una pagina che è una frustata, un pugno nello stomaco, un zampata in pieno volto, così, tanto per scuotere le nostre coscienze intorpidite di innocui cattolici da poltrona…