Capitolo Uno

Carissima Giulia,

non ti nascondo lo stupore di ricevere una tua lettera dopo tanti anni. E soprattutto non ti nascondo l’impressione positiva che mi ha pervaso durante la lettura del tuo scritto.

Mi sembrava di vederti parlare concitatamente mentre riconoscevo il tratto immutato della tua calligrafia!
Certo: il sottile ragionare non è più quello dell’estroversa alunna di terza media, ma l’incedere calibrato della liceale all’ultimo anno.

Ti rivolgi a me – scrivi – “in quanto prete, perché tutto sommato sei l’unico che mi viene in mente se voglio fare un po’ di ordine quando ragiono di fede”.
Ti ringrazio della fiducia!
Ti ringrazio soprattutto perché confermi una delle cose in cui ho sempre creduto: che la fede passa attraverso il contatto, l’amicizia, la stima reciproca, il sorriso disponibile e aperto. E il sapere che un inconsciente giovane prof di religione alle medie ha comunque rappresentato un punto di riferimento mi gasa un po’ … (lo so, lo so, con questa frase mi becco tre settimane di purgatorio in più …).

In secondo luogo resto stupito dal fatto che ti rivolga a me come prete.
“Perché?”, ti chiederai.
Semplice: nel contatto medio che ho con le persone sono (in ordine di frequenza): giovane (perché nessuno sa che i preti non nascono vecchi …), funzionario della Chiesa (quando cerco disperatamente di accogliere chi viene da me per un certificato), facitore di Messe (nota la raffinata dicitura che ben si addice alla mentalità dell’ “ascoltare la Messa”, “prendere la Messa”), reazionario (rispetto ai molti post-moderni che catalogano la fede nell’ambito delle sciocchezze e, di conseguenza, la Chiesa Cattolica come l’incontrastata sovrana di questo ambito) e, infine, opinionista (alla sola idea che a questo termine si associa l’immagine di certi personaggi televisivi, mi deprimo).

Per fartela breve: quando succede che partecipo ad una cena, sta pur certa che dopo qualche portata, scioltosi l’ambiente, superate le formalità, arriva qualcuno che imbastisce una brillante conversazione al vetriolo su temi di attualità quali: la Chiesa è arretrata, l’uso degli anticoncezionali, il comportamento di quell’antipatico prete che …, è ingiusto che i preti non si sposino, e altre amenità di questo genere.
Mai uno che mi chieda: “prete, parlami di Dio”.
Mai uno che abbia il coraggio di mettersi in gioco, su quel terreno comune che è l’umanità e la ragione, per confrontarsi sul serio con l’immenso tema della Presenza di Dio.
Credimi: ho nostalgia dei luoghi dove Gesù è sconosciuto, dove di Lui si può parlare francamente, senza pregiudizi, senza presunzioni, senza piccole nozioni acquisite al catechismo.

Per assurdo, il nostro tempo cristianizzato (perché bisogna riconoscere che un riferimento culturale alla fede cristiana esiste), ignora Cristo, o, peggio, lo relega in una delle proprie categorie interiori a metà strada tra sentimento religioso e ammirazione superficiale.
Ma, lo confesso, leggendo il tenore della tua lettera, mi sembra che tu non sia il tipo che voglia perdere e farmi perdere tempo. Mi parli della tua ricerca di fede in maniera forte, reale, coinvolgente e dei dubbi che ti gettano nello sconforto come qualcosa di insostenibile.

Che dirti, Giulia?
Ci sto, accetto la sfida. Come dice san Pietro nella sua seconda lettera, sono pronto a darti ragione della speranza che è in me.
Solo ti chiedo che … No, scusa, sto già anticipando una riflessione che verrà più avanti.
Aspetto, dunque, la tua lettera, se vuoi, finché vuoi, per incominciare un itinerario comune. Ti accompagnerò, perché io non ti posso mostrare la fede, né convertirti. Posso solo accompagnarti dal sentiero della ragione fino ad arrivare alle soglie della fede, in un linguaggio semplice, che parta dalla vita. Per fare il prete come vuole il Signore Gesù, una volta tanto.

Ti abbraccio forte

don Paolo