Il Peccato

Maschera grottesca dell’uomo

Parliamo, leggendo la parabola del Figliol Prodigo, del peccato, così come ce ne parla la Parola di Dio. Devo dire che l’idea che noi cristiani abbiamo di peccato è un po’ approssimativa, e quella che ne ha il mondo intorno assolutamente grottesca. Esiste il peccato? Oggi si tende a negare questa realtà, parlando al limite di fragilità interiore o di senso di colpa. Attenti amici: il senso di colpa non è in alcun modo un peccato. Del peccato ha solo l’apparenza, ma non porta a conversione e, normalmente, non coinvolge la libertà. Per commettere un peccato dobbiamo poter scegliere di negare l’amore, ostinarci in questa chiusura di cuore. Sono andato ad informarmi sul significato della parola “peccato” nell’A.T.. Sono rimasto allibito: uno dei termini più usati significa: fallire il bersaglio dell’arco. Fare cilecca, insomma! Fallire il bersaglio, non realizzare il progetto, sbagliare ciò a cui sei chiamato: questo è il peccato. Ma non è disubbidire a Dio? Dipende che significato diamo a “ubbidire.” Se ubbidire a Dio è come facevi con tua madre quando avevi cinque anni allora proprio per niente! Ma se ubbidire vuol dire, nel senso etimologico del termine “ob-audire”, cioè ascoltare in piedi, allora sì! Se sei convinto di sapere tu qual è la tua vita, non ascolti ciò che Dio ti sussurra al cuore e fai di testa tua, allora auguri, ne hai bisogno! Ho l’impressione che l’uomo fatichi a percepirsi peccatore perché crede che dire: “sono un peccatore” equivalga a dire: “non valgo a nulla.” Ma non è questo, per niente! Il peccato è la percezione dell’uomo di essere fatto per qualcosa di enorme e di accontentarsi della mediocrità. Se scegliamo la gestione della nostra vita senza coinvolgere Dio corriamo il rischio di fallimento totale! Il peccato è dire “no” all’amore. Tutto qui. Ma: cosa significa dire “no” all’amore? Dobbiamo essere concreti: conosco persone che in nome dell’amore (che confondono con le proprie lune), fanno un sacco di danni. L’amore è concreto, reale, fattivo. Dire a una persona: “mi stai a cuore” sull’onda dell’emozione per poi trascurarla per anni, non è certo un modo di amare. Non inganniamo noi stessi, non giochiamo con Dio! In questo senso, con tutto il rispetto per il passato e per i concetti altrui, dire che il peccato offende Dio è sbagliato. Ve lo vedete Dio, offeso, che fa il muso? No. Al limite Dio ci guarda con tristezza e dice: “Ma guarda: l’ho fatto come un’aquila e lui è convinto di essere un pollo ….” Dio è dispiaciuto del peccato, certo: è dispiaciuto di non riuscire ad amarci. Vi faccio un esempio che uso sempre con i miei adolescenti in crisi. Un mio amico si è finalmente comprato un computer e (anche se non si potrebbe), gli ho passato un programma con tanto di manuale di istruzioni spesso una spanna. Questi, sorridendo, mi ha detto che ne avrebbe fatto a meno. Nonostante il mio parere contrario ha giocato sul computer finché l’ha inchiodato (gergo tecnico che significa: distrutto). Ha dovuto sostituire il disco rigido dicendomi che avevo ragione … Non è così anche per noi? È Dio che ci ha costruito, lui sa come funzioniamo, sa bene cosa ci rende felici. E invece no: abbiamo il libretto di istruzioni che è la Bibbia, lo mettiamo nel cassetto e improvvisiamo. Liberi di farlo, ma non lamentiamoci se anche noi ci inchiodiamo! Se ti regalo una lavatrice e tu la usi come una lavastoviglie fatti tuoi. ma non lamentarti se il tuo servizio di porcellana si è sbriciolato! L’uomo moderno rifiuta il concetto di peccato, si rode in inutili sensi di colpa, fa di tutto per negare Dio, salvo poi lamentarsi che non trova in sé la felicità. Mi chiedo: in questo tempo di grande libertà dove ciascuno decide cosa è bene e cosa è male, in cui ci siamo finalmente liberati dell’insopportabile giogo della presenza di Dio, avete la percezione che l’uomo sia più felice? Non direi: basta guardarsi intorno. Sorrido amaramente quando vedo fior di giornalisti che tentano di spiegare l’ultimo massacro in Bosnia con sottili disamine storiche e culturali. Se avessero il coraggio di dire: “l’uomo è peccatore.” L’uomo è peccatore anche se invoca la benedizione di Dio sui suoi eserciti o se scrive “Dio è con noi” sulle fibbie dei cinturoni, come fecero le SS! Davvero non vedete il peccato? Davvero non esiste? Chiedetelo agli squadroni della morte che hanno gettato dagli aerei in volo 40000 argentini (i desaparecidos). Chiedetelo a quella scuola della polizia segreta sudafricana che insegnavano ai bambini a cavare gli occhi ai prigionieri con un cucchiaino … Non esiste il peccato? Qualcuno dirà: “io tutto ciò non lo faccio.” Bene: ma il mio silenzio, la mia indifferenza non fanno che aggiungere un tassello a questa demoniaca presenza. Scusate la franchezza, ma non ho alcuna difficoltà ad ammettere l’esistenza del peccato. Qualcuno mi dice: “il peccato è un’invenzione di voi preti per tenere sottomesse le persone”, Bé, mi cascano le braccia … Che bugie ci raccontiamo pur di non ammettere che possiamo tragicamente giocare male, malissimo la nostra libertà! Il dramma della libertà è che l’amore lascia liberi anche di non essere riamati e l’inferno, che esiste, è il luogo in cui uno basta a se stesso. Spero di tutto cuore che sia vuoto, che ogni uomo, all’ultimo momento, abbia un barlume di fede per accorgersi cosa si è perso tenendo Dio fuori dalla sua vita. Questa è la conversione: la tua vita, finalmente, si apre all’amore. In questo senso il peccato è l’antiumanità, è tutto ciò che è contrario alla piena realizzazione dell’uomo: la violenza, la solitudine, il creare solitudine, l’ingannare gli altri nei loro sentimenti … e in questo, credo, tutti noi abbiamo un po’ di responsabilità.
Alla fine di questo lungo discorso, non vorrei che qualcuno pensasse: “faccio ribrezzo.” Già: la svalutazione di sé è il più ingiurioso dei peccati perché misconosce l’opera di grazia che Dio fa in noi. No: la buona notizia, in tutto questo, nel rischio che abbiamo di giocarci male la nostra libertà, è che, se lo desideriamo, il nostro peccato si scioglie in un abbraccio pieno di tenerezza. A noi di riconoscere il bisogno di essere illuminati nel profondo. Vi confido una tristezza che ho nel cuore di prete. Quando confesso mi deprimo, il più delle volte. Quando una persona che non si confessa da un anno viene e mi inizia meticolosamente la sua accusa “Non sono andato a Messa qualche volta, non ho detto bene le preghiere del mattino e della sera. Tutto qui …”, resto esterrefatto: sono circondato da santi e non me ne accorgo! E mi chiedo: ma allora la solitudine, le incomprensioni, le violenze, gli abbandoni, le indifferenze da dove vengono? Ci avviciniamo alla confessione con la logica del 740: dichiaro il meno possibile per non pagare le tasse … Alle volte ho l’impressione che siamo quasi più preoccupati della figura che facciamo davanti a Dio piuttosto che del suo perdono. Tutti preoccupati a giustificarci: ho fatto questo però … invece di sentire l’urlo di questo Padre che ci dice: “Che m’importa dei tuoi peccati? Io voglio te: lasciati abbracciare!”

(da “Il Gesù di Luca e di Matteo”, appunti, 1997)