Capitolo Ventuno

Ciao Giulia!

hai fatto bene a ricordarmi che ci resta solo più un mese per concludere la nostra “chiacchierata” lunga sei mesi!
Le ultime due volte abbiamo riflettuto in maniera seria sull’essenza del dolore e della morte e credo che valga la pena di finire con una riflessione un po’ più leggera. Dalle tue domande restano da vedere due cose importanti: la preghiera e la Chiesa.

Ne abbiamo già fatta di strada! Abbiamo parlato della ricerca di Dio, della credibilità della testimonianza cristiana e della sua storicità, dell’annuncio di Gesù e del Dio che ci ha svelato, del senso del dolore e della morte.
Mi dici: “Vorrei pregare, ma non da dove cominciare”. Bé: è già un ottimo inizio! Mi ricorda la fervorosa preghiera dei discepoli che dissero a Gesù: “insegnaci a pregare!”. Ti voglio dire alcune condizioni essenziali alla preghiera sulle quali potrai in seguito costruire un tuo modo di pregare. Sì perché, e questo è bello, esiste un percorso per ognuno di noi e se le varie tecniche ci possono aiutare, tra cui le formule coagulate nell’esperienza cristiana, è vero che esiste un modo personalissimo di pregare. Se vuoi le cose che sto per dirti sono le fondamenta su cui potrai, in seguito, costruire la tua casa …Per me la preghiera è un dialogo nella verità, nella percezione del Progetto d’amore che Dio ha su di me.

La preghiera è un dialogo, anzitutto, non un monologo. Molti concepiscono la preghiera come un “chiedere” qualcosa. Non credo sia sempre necessariamente così: è essenziale la richiesta, a volte, ma non può esaurire la nostra preghiera. Se è un dialogo occorre tempo, costanza, silenzio, una posizione del corpo che faciliti la preghiera, l’assenza, per quanto possibile, di interferenze, il desiderio di udire la risposta (attraverso la Parola). Ma è un dialogo da compiere nella verità della mia situazione. Se sono triste la mia preghiera sarà appesantita dalla tristezza, se sono stressato sarò distratto, se sono contento la mia preghiera sarà canto e lode. Davanti a Dio, grazie al cielo, non necessitiamo di maschere o di ruoli.
Non prego quando mi sento o se ne ho voglia. Prego perché la preghiera cambi me, non cambi Dio. Prego perché in Dio mi riconosco nel profondo. Se avessimo il coraggio di pregare ogni giorno! Di ritagliare un pezzo di “deserto” nella nostra frenetica attività, per rientrare in noi stessi e trovare l’oceano di pace che solo Dio ci può dare!

Infine la preghiera è un dialogo che mi svela il Progetto d’amore che Dio ha su di me. Si esce sempre dalla preghiera con la percezione di essere amati, accolti, capiti, scossi, invitati a verità, autentici, desiderosi di dare il meglio di sé. Noi cristiani, in Gesù, abbiamo una presunzione, un pregiudizio: crediamo che Dio è amore e che nell’amore ci ritroviamo. L’unico schema di preghiera che Gesù ci ha dato è una scoperta della figura di Dio come di un Padre di tenerezza che dona la vita ai figli e chiede loro di fidarsi e di comportarsi come figli della luce…Questa preghiera che è incontro personale con Dio sfocia nella preghiera comunitaria, nella celebrazione della lode che è l’Eucarestia in cui rendiamo presente il Signore Gesù.Lasciati affascinare dalla presenza di Gesù, chiedi allo Spirito di metterti in contatto con il Signore, chiedi a Maria di insegnarti l’ascolto. L’unico rischio della preghiera, lo dico sempre, è che il Signore ti dia retta e ti converta!

Buona preghiera

don Paolo